ANDREAS GIANNAKOULAS

Scuola di Psicoterapia


Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica del bambino e dell’Adolescente

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C/o Clinica NPI ASST Monza,
Via Pergolesi 33 - 20900

In ringraziamento e ricordo di Andreas Giannakoulas

ANDREAS GIANNAKOULAS (1935-2021)

Itaca ti ha dato il bel viaggio

Senza di lei mai ti saresti messo

sulla strada: che altro ti aspetti?

E se la trovi povera,

non per questo Itaca ti avrà deluso

Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso

Già tu avrai capito ciò che Itaca vuol significare

(Kavafis 1911- trad.it., Pontani 1961)

 

 

Presentiamo qui un estratto dell’articolo della prof.ssa Francesca Neri Bertolini, già Direttore della Clinica di NPIA di ASST Monza e della Scuola di Psicoterapia di ASNEA, pubblicato su PSICOANALISI, Rivista dell’ASSOCIAZIONE ITALIANA DI PSICOANALISI, 25 (1), 2021 –  estratto per gentile concessione di FRANCO ANGELI EDITORE – a ricordo di Andreas Giannakoulas, persona e maestro trasformativo per moltissimi di noi.

 

 

Francesca Neri Bertolini

Ho ascoltato Andreas Giannakoulas per la prima volta negli anni ‘80, credo durante o subito dopo uno degli appuntamenti che la neuropsichiatria infantile italiana si ritagliava ogni primavera al Ciocco. Era un appuntamento periodico, forte dal punto di vista degli intenti formativi e anche identitari. Le scuole di specializzazione più attive italiane discutevano di casi clinici, anche con qualche desiderio di preminenza una sull’altra, mirando a fondare un progetto che fosse un percorso di cura e di formazione nell’ambito di una neuropsichiatria infantile italiana orientata ad un approccio psicodinamico psicoterapico

La neuropsichiatria infantile era disciplina nata nel periodo postbellico con un indirizzo psicopedagogico e sociale, ma verso la metà degli anni ‘70 erano molti i gruppi che iniziavano a confrontarsi con la psicoanalisi infantile per meglio comprendere quei quadri di sofferenza psichica che via via si delineavano come differenti e bisognosi di cura nell’ambito del disagio sociale e del ritardo di sviluppo

Diversi psicoanalisti inglesi per lo più di scuola kleiniana (Meltzer, Alvarez, Harris, Bick….) tenevano seminari e supervisioni in Italia, e molti giovani colleghi italiani si recavano a Londra per la loro formazione analitica.

Andreas Giannakoulas era arrivato a Roma su invito del Prof. Bollea che aveva partecipato ai suoi seminari a Londra nel 1971 e aveva creato da subito un sodalizio lavorativo e di pensiero con lui, con Prof. Giannotti e i colleghi romani.

In quegli anni erano stati tradotti, per merito di Renata De Benedetti Gaddini, i primi libri di Donald W.Winnicott e la neuropsichiatria infantile italiana si trovava predisposta alle idee di un ambiente che sostenesse lo sviluppo del bambino. La mamma della preoccupazione materna primaria, gli oggetti e i fenomeni transizionali per citare solo i temi che si andavano a conoscere e studiare, ben si inserivano nel momento culturale di quegli anni, di attenzione alla crescita psichica e non solo cognitiva e sociale. Era nata anche sempre a Roma nel 1976 la scuola di psicoterapia del bambino e adolescente che costituiva la prima scuola di formazione italiana, dopo l’esperienza Tavistock.

Quell’anno appunto al Ciocco, Giannotti e i colleghi Bonaminio e Carratelli presentarono un lavoro su fantasie inconsce dei genitori e sviluppo del bambino, cui seguì una discussione corale e partecipe sul trauma silente e su un modello di intervento sulla coppia genitoriale, tema quest’ultimo nuovo e per certi versi come tutte le cose nuove dirompente. Fu in quell’occasione che ascoltai per la prima volta Andreas. L’idea di una attenzione alla diagnosi psicopatologica della coppia, del dissociato e del rimosso genitoriale che coinvolgeva i figli e la conseguente necessità terapeutica era nuova per tutti noi, più abituati a riflettere sul rapporto madre-bambino. Indubbiamente, mentre raccontava del lavoro di Dicks e delle sue esperienze cliniche, parlava con autorevolezza e referenzialità di un mondo, quello psicoanalitico britannico, in cui stabilità del setting, ruolo del transfert-controtransfert e continuità della formazione emergevano da ogni riferimento clinico

Era una discussione accesa e per molti versi critica tra persone appassionate di psicoanalisi e ancor più del lavoro clinico coi loro pazienti, ma quello che mi colpì lasciando in me una traccia profonda fu la sua capacità di ascolto dell’interlocutore che nulla toglieva alla precisione della risposta ,ma che invitava ad esplorare interrogativi e sviluppi potenziali senza insistere su aspetti prematuramente e forzatamente integrativi. Uso la parola ‘invitava’ perché il ricordo che ho di quell’incontro riecheggia e si sovrappone a quello di molti altri incontri più o meno istituzionali, didattici o anche amicali in cui la precisione del discorso era aperta a prospettive su cui riflettere, più che dare soluzioni. Non a caso Andreas ricorda che Bion ripetesse spesso una frase di Blancot ”La reponse c’est le malheur de la question” (la risposta è il guaio della domanda) e nel suo lavoro su “Il rapporto-transfert maestro allievo in una società che cambia”, prendendo spunto da una discussione con Mario Bertolini su come modalità differenti di relazione dell’insegnante possano influire sul processo dell’apprendere, ricorda che “più di ogni altra comunità scientifica, il mondo psicoanalitico deriva il proprio senso e le sue pratiche quotidiane da una tradizione molto difesa e mantenuta” ma che fa parte del nostro patrimonio più recente che esperienze preverbali significative nell’incontro con il paziente possono comprendere una potenza trasformativa non solo per la vita del paziente ma anche per la nostra comprensione teorico-clinica e per i nostri sistemi di credenze”. Citando G.Steiner scrive che in un ambito di scambio, di reciproca fiducia e affidabilità, il maestro apprende dal discepolo mentre gli insegna. E ancora ponendo come prefazione ad un lavoro un citazione di K.Gibran – “il maestro non elargisce la sua saggezza, ma piuttosto il suo amore e la sua fede. Se è saggio veramente, non vi offrirà di entrare nella casa della propria sapienza,vi condurrà alla soglia della vostra mente” – disegna le caratteristiche del suo impegno didattico.

Ho fatto questa premessa perché, nel tentativo di rappresentare il dono più prezioso tra i tanti che Andreas ha fatto a me e a una generazione di psicoanalisti che l’hanno conosciuto e si sono formati ai suoi seminari e alle sue supervisioni, è stato proprio l’incontro personale con un maestro che portava ”amore e fede“ per la psicoanalisi che a sua volta aveva appreso nell’incontro personale con i suoi maestri. In un campo più esterno ed esteso è il dono che ha fatto alla neuropsichiatria infantile di quegli anni, mostrando ,che era possibile incontrare il mondo psichico del bambino al di là dei sintomi (somatici, cognitivi, neurologici…) e favorendo generosamente l’incontro con analisti con cui aveva lavorato o che erano state persone importanti nella sua formazione (Milner, King, E. e M. Laufer, Tustin, Stewart, Glasser, Hernandez, Schact, Heimann).

Andreas si presentava già in quegli anni come un analista esperto di adulti e adolescenti, socio ordinario dal 1977 della Società Britannica di Psicoanalisi, greco e winnicottiano, come ricorda Max Hernandez in una sua presentazione, per sottolinearne il legame con le sue radici profonde, in linea con la continuità dell’essere persona e analista che continuamente si interroga sui rapporti tra tradizione e innovazione. Tutto ciò grazie ad una sua caratteristica di indipendenza e libertà personale, “espressione di un particolarissimo riferimento interiore di cui la capacità di essere solo in presenza dell’altro è il principale strumento creativo”, e all’attenzione per ciò che chiamerà in un suo bellissimo lavoro l’”holding affettivo”.

E’ questo il compito cui Andreas stabilmente chiama se stesso: sentire e pensare uno spazio terapeutico per il setting analitico,prerequisito per l’holding emozionale che crea atmosfera e ambiente per l’incontro degli inconsci e la nascita di esperienze condivise. Solo così, ricorda sempre M.Hernandez, il processo analitico potrà rendere possibile la continuità dell’essere, dell’intimo sperimentare e, come asserisce Milner, la continuità tra prime memorie corporee precoci e le successive… (segue).